Date da ricordare

Jan
14
Tue
Giordano Giovanni
Jan 14 – Jan 15 all-day

Giordano Giovanni, modesto lavoratore di San Giuseppe Jato, scompare il 15 gennaio 1986. Negli anni successivi, dalle dichiarazione di collaboratori di giustizia è emerso che Giordano avrebbe visto, per puro caso, il luogo dove si nascondeva un boss della mafia latitante. Per il solo sospetto che avesse rivelato ai carabinieri il luogo della latitanza fu rapito, torturato e sciolto nell’acido a San Giuseppe Jato.

Giuseppe Russo
Jan 14 – Jan 15 all-day

Giuseppe Russo era un giovane di 22 anni. Fu rapito e ucciso ad Acquaro, in provincia di Vibo Valentia, il 15 gennaio del 1994. Il suo cadavere fu rivenuto in una fossa solo mesi dopo, il 21 marzo, e solo grazie alle rivelazioni di uno dei suoi assassini, che si decise a collaborare con la giustizia.

Le dichiarazioni dell’uomo permisero di appurare che il rapimento e l’omicidio di Giuseppe furono decisi da un boss della ‘ndrangheta che non accettava il fidanzamento del giovane con sua cognata. Nelle sentenze si parla di “visone distorta delle ragioni di onore familiare, tipiche di chi con atteggiamento mafioso vuole dimostrare la supremazia sul territorio”.

I pentiti, che poi sono anche gli esecutori materiali del delitto, appartenevano a una cosca della Piana di Gioia Tauro. In sede processuale hanno riferito che l’omicidio è stato compiuto da loro per fare un favore al boss che aveva ordinato il delitto.

Jan
15
Wed
Domenico, Mario e Pietro Paolo Spatola
Jan 15 – Jan 16 all-day

Domenico, Mario e Pietro Paolo Spatola furono uccisi il 16 gennaio del 1922 a Paceco (TP). Erano tutti parenti diretti di Giacomo Spatola, presidente della locale società agricola cooperativa: Domenico era suo fratello; Mario e Pietro Paolo erano invece i suoi figli.

Giacomo Spatola era dirigente socialista e Presidente della Società Agricola Cooperativa. È stato un protagonista di prim’ordine delle lotte contadine fin dai Fasci siciliani. In questo contesto dunque è maturato il triplice omicidio dei suoi congiunti.

Luigi Sica | Ragazzo
Jan 15 – Jan 16 all-day

Luigi Sica è stata accoltellato a morte la sera del 16 gennaio 2007, in via Santa Teresa degli Scalzi, punto di ritrovo dei ragazzi della Sanità, a Napoli. Poco dopo le 22 Luigi si trovava con gli amici di sempre in prossimità di un distributore di benzina. Luigi, un ragazzo di 15 anni, soprannominato Maradona per la sua passione per il calcio. Poco distante si era radunato un altro gruppetto di amici, tra cui un quindicenne, Ciro. Bastano poche battute e si consuma il dramma. Luigi tira un ceffone a Ciro, che si allontana in compagnia di Mariano, suo amico quattordicenne, minacciando Luigi. Ed è proprio Mariano che spinge Ciro a concretizzare la minaccia, offrendogli l’arma del delitto, un coltello a serramanico. Tornato sul posto, Ciro uccide Luigi con tre coltellate: la prima alle spalle, la seconda al collo, la terza, infine, trafigge il pericardio. Luigi crolla a terra esanime, in un lago di sangue. Morirà poco dopo all’ospedale San Gennaro di Napoli.

L’assassino nel frattempo trova rifugio presso l’abitazione di alcuni amici. Quando la polizia si reca a casa sua, il padre, all’oscuro della vicenda, resta sgomento, ma poi decide dopo una telefonata di raggiungere i poliziotti in compagnia del figlio, accompagnandolo quindi in questura per farlo costituire. Mariano, il complice, si costituirà qualche giorno dopo e sarà condannato a 10 anni di carcere. Al giudice del tribunale per i minorenni, Ciro dirà che l’offesa subita davanti ai suoi amici era troppo grande e che era tornato armato di coltello da Luigi “per dimostrare di non essere scemo”. Sarà condannato a 15 anni di reclusione, optando, come il suo amico complice, per il rito abbreviato.

Jan
16
Thu
Antonino Scirtò | Ferroviere
Jan 16 – Jan 17 all-day

La mattina del 17 gennaio 1987 Antonino Scirtò, un ferroviere di 41 anni, si trova nella sua auto diretto a Reggio Calabria da Vito, una delle frazioni collinari della città. Nell’imboccare una curva si trova travolto da una pioggia di piombo. Antonino non sopravviverà all’agguato organizzato per colpire le tre persone che viaggiavano nell’auto dietro la sua, coinvolte nella faida tra le cosche Rosmini e Lo Giudice.

Gaetano Longo | Politico
Jan 16 – Jan 17 all-day

Gaetano Longo, già sindaco democristiano di Capaci dal 1962 al 1975, capogruppo al comune, segretario della locale sezione democristiana, aveva 49 anni quando fu assassinato sotto gli occhi del figlioletto Giustino, di 11 anni, che stava accompagnando a scuola. Era il 17 gennaio del 1978. A sparargli furono due killer. Tre colpi di P38, tutti andati a segno. Quando la Mercedes di Longo si è fermata allo stop, uno dei due sicari, sceso da una A112 (poi risultata rubata, nella vicina Carini) ha infranto il finestrino dal lato del guidatore e ha sparato un colpo che ha raggiunto Longo a un fianco. Poi si è fatto avanti l’altro e ha esploso altri due colpi, l’ultima un vero e proprio colpo di grazia, ha raggiunto la vittima alla tempia sinistra. Giustino, sfuggito miracolosamente al fuoco, ha aperto lo sportello, ed è fuggito in strada, gridando aiuto. All’arrivo dei primi soccorsi Gaetano Longo respirava ancora. Ha cessato di vivere mezz’ora più tardi al pronto soccorso dell’ospedale di Villa Sofia a Palermo, dove è morto prima che i medici potessero intervenire.
Il 9 settembre 2002, lo Stato Italiano lo ha riconosciuto ufficialmente, quale “vittima innocente della mafia”; ma i suoi assassini non sono mai stati trovati e le indagini archiviate.

Pietro Macchiarella | Sindacalista
Jan 16 – Jan 17 all-day

Pietro Macchiarella era dirigente sindacale iscritto al Partito comunista, impegnato nelle lotte contadine. Venne ucciso a Ficarazzi (Palermo) il 17 gennaio 1947.

Jan
17
Fri
Strage di San Cataldo
Jan 17 – Jan 18 all-day

Angelo Lombardi era Caporale Maggiore dell’Esercito, Vittorio Epifani, Vitangelo Cinquepalmi e Imerio Piccini erano soldati di fanteria. Vennero uccisi in un conflitto a fuoco il 18 gennaio 1946 a San Cataldo di Terrasini (PA). L’agguato, noto come Strage di San Cataldo, fu organizzato presso la contrada Donnastura dagli uomini della banda Giuliano, che attaccarono con armi pesanti un automezzo sul quale viaggiavano soldati e carabinieri.

Vincenzo Garofalo e Antonino Fava
Jan 17 – Jan 18 all-day

Vincenzo Garofalo e Antonino Fava vennero uccisi in agguato dalla ‘ndrangheta il 18 gennaio 1994 lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabra, nei pressi dello svincolo di Scilla. Vincenzo Garofalo e Antonino Fava, 31 e 36 anni, entrambi sposati, due figli il primo e tre il secondo, erano entrambi appuntati dei carabinieri, originari rispettivamente di Scicli (in provincia di Ragusa) e di Taurianova (nel Reggino). In servizio al Nucleo Radiomobile della Compagnia di Palmi, i due militari uccisi erano di scorta ai magistrati giunti a Palmi per interrogare il boss Antonio Sparacio.

Jan
18
Sat
Genovese Pagliuca
Jan 18 – Jan 19 all-day

Genovese Pagliuca venne ucciso il 19 gennaio del 1995 da alcuni esponenti del clan dei Casalesi perché si ribella alle violenze subite dalla fidanzata Carla. Tutto comincia nell’estate del 1993. Carla, una giovane di 24 anni, lavora sodo come parrucchiera perché spera di sposare presto Genovese. Non sa, però, che Angela Barra – amante del boss Francesco Bidognetti, numero uno della mala nell’entroterra casertano – l’ha adocchiata da tempo: attraverso la vetrina della sua gelateria, la donna segue i movimenti di quella ragazza. La scruta, l’avvicina e alla fine riesce a farsela amica. È settembre, quando Carla bussa alla porta di Angela: ha litigato con i genitori, è andata via di casa e chiede ospitalità alla donna che l’accoglie nella propria casa. Ben presto, però, quelle mura si trasformano in una prigione: le avances di Angela sono sempre più insistenti e violente. A dicembre, Carla viene portata in un’altra abitazione, sequestrata: resterà lì dentro per un mese, imbottita di sedativi, preda della follia di Angela e degli abusi del fratello della donna, Carmine Barra, di 32 anni, e dell’amico Luigi De Vivo, che la donna ha coinvolto nel sequestro. Una mattina del gennaio 1994 la ragazza riesce a fuggire. Torna a casa e confessa tutto al fidanzato. I due giovani, spinti anche dai genitori, decidono di tenere nascosta la vicenda: temono il disonore e la vendetta della camorra. Pensano che l’unico modo per venirne fuori sia allontanare Carla da Teverola e lasciare il fidanzato in paese. Ma la rabbia di Angela e dei suoi accoliti si riversa su Genovese. Il ragazzo perde il lavoro, la dignità, e non passa giorno senza che venga aggredito. Questa storia si protrae per un anno fino a quando Genovese viene assassinato a colpi di pistola e fucile. Ancora una volta le rispettive famiglie decidono di non rivelare nulla, ma Carla, davanti alla morte del fidanzato, decide di rompere il muro di omertà raccontando tutto ai Carabinieri. Adesso vive sotto protezione in una località segreta. Grazie alla confessione della ragazza sono arrestati i fratelli Barra e il loro complice, Luigi De Vivo.