Strage di Ciaculli

When:
June 30, 2016 all-day
2016-06-30T00:00:00+02:00
2016-07-01T00:00:00+02:00
Cost:
Free

La Strage di Ciaculli ebbe luogo nella borgata agricola di Ciaculli a Palermo il 30 giugno 1963. Un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivi uccise il tenente dei carabinieri Mario Malausa, i marescialli Silvio Corrao e Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio, il soldato Giorgio Ciacci.
Negli anni tra il 1962 e il 1963 Palermo era in preda alla prima guerra di mafia che vedeva contrapposti i clan Greco e La Barbera, in lotta per la supremazia nel settore del traffico della droga che in quegli anni vedeva una prima, impetuosa fioritura. Decine di persone vennero assassinate, alcune delle quali con l’uso di autobomba.
Nel primo pomeriggio di quel tragico 30 giugno, una telefonata avvisò i Carabinieri di Palermo della presenza di un’auto sospetta parcheggiata davanti al viale di Villa Serena (Borgata Ciaculli), presso i fondi dei fratelli Salvatore e Giovanni Prestifilippo. Dopo lo scoppio di un’altra auto avvenuto durante la notte a Villabate, che aveva causato la morte di due persone (Giuseppe Tesauro e Pietro Cannizzaro), per tutta la giornata le forze dell’ordine avevano ricevuto segnalazioni di macchine sospette, ritrovate in diverse parti della città. La segnalazione appena arrivata fu passata al tenente Mario Malausa, che subito collegò il luogo della segnalazione con l’abitazione di Totò Greco. Così l’ufficiale inviò una pattuglia a piantonare l’automobile, chiedendo anche l’intervento degli artificieri. Giunto sul posto insieme al maresciallo Calogero Vaccaro, Malausa incontrò altri due colleghi, Marino Fardelli ed Eugenio Altomare, e un uomo in borghese, il maresciallo di P.S. Silvio Corrao. Poco dopo, giunsero anche gli artificieri Pasquale Nuccio e Giorgio Ciacci.
I due artificieri disinnescarono l’ordigno, un bombola di gas posta all’interno della vettura, ignari della presenza di un sistema a doppia carica. La bombola infatti era un’esca e una seconda carica esplosiva, collegata alla porta del portabagaglio con un congegno a strappo, era stata attivata dal tenente Mario Malausa che lo aveva aperto. I sette morirono nello scoppio.