L’azzurro, il colore che ci unisce – Un ricordo di Pietro Busetta

“Sono Aurora Busetta, la più piccola nipote di Pietro Busetta. Mio nonno è stato ucciso dalla mafia il 7 dicembre del 1984, fino a poco tempo fa non sapevo come fosse morto e scoprirlo mi ha scioccato. Perché non pensavo che la mafia, quel mostro di cui abbiamo tanto parlato a scuola, avesse toccato cosi da vicino la mia famiglia e che quando parlano di qualcosa di triste è sempre legato a quello che è successo.

Anche se non l’ho conosciuto, mio padre mi dice che mio nonno aveva un ruolo molto importante nella mia famiglia e riusciva sempre a far apparire un sorriso, anche sul viso più triste.

Quando guardo il suo ritratto, sono contenta di avere ereditato qualcosa che ci unisce, il colore degli occhi: l’azzurro.”

Pietro Busetta aveva 62 anni ed era incensurato. Ucciso perché aveva sposato Serafina Buscetta, sorella del boss che non vedeva da venti anni. Venne ucciso a Palermo davanti alla gelateria New Hall Garden il 7 dicembre 1984 per colpire Masino Buscetta e vendicarsi della sua collaborazione con la giustizia.

Dopo 32 anni dalla sua morte, vogliamo ricordarlo con le parole del figlio Giovanni e della nipotina Aurora.

“Sono passati 32 anni da quando, arrivando sotto casa, vidi quell’uomo disteso a terra in una pozza di sangue, in mezzo a un mare di gente. Era coperto da una tovaglia bianca, non si capiva chi fosse. Lo riconobbi dai piedi, ricordo, e il mio mondo non fu più lo stesso.

Da quel momento inconsapevolmente mi ritrovai, io e la mia famiglia, in un mondo che non era il nostro, ma dove quel mostro del fenomeno mafioso ci aveva catapultato.

Ma io mio padre me lo sento sempre accanto. I miei figli sono cresciuti nel mito e nel ricordo , di questo nonno che non hanno conosciuto, ma era sempre lì con noi. Il “nonnino” come lo chiamano tutt’ora non li ha mai abbandonati, per loro è stato ed è una certezza.

La mia più grande rivincita è quella di non averlo fatto morire una seconda volta mollando tutto quello a cui aveva creduto e realizzato nel suo lavoro.

Perché lui vive ancora tra i suoi disegni nella sua fabbrica di decorazioni di porcellane.

E di aver usato i mezzi della legalità lottando tutta la vita affinché venisse ricordato per sempre. Dalla mia famiglia e da tutti gli altri

Ciao Papà, noi siamo ancora qui, portando avanti il tuo lavoro, la tua passione. Ma insieme alla lotta per far sì che altra gente non soffra più come noi. Ti voglio bene papà.”