Il ricordo di Marcello Palmisano

Una strada polverosa, un sole accecante, un gruppetto di bambini somali che scandiscono sorridenti “Mar-cel-lo, Mar-cel-lo”. Sono alcuni dei fotogrammi ripresi dalla telecamera di mio padre Marcello in Somalia, terra d’oriente nel meridione del mondo, dove il nove Febbraio di ventidue anni fa è stato ucciso. Mio padre era un giornalista telecineoperatore del Tg2 e con la sua telecamera ha catturato alcuni dei momenti più importanti della fine del secolo scorso: lo sbarco degli albanesi a Bari nel ’91, la caduta del Muro di Berlino, l’invasione sovietica in Afghanistan.
In famiglia si aspettava sempre con curiosità la messa in onda dei servizi: papà tornava con regali fatti d’immagini, suoni e storie di paesi lontani e popoli sconosciuti. C’era qualcosa di epico nei suoi racconti. Per ogni viaggio, c’era sempre una storia dal sapore fiabesco.
Da quell’ultimo viaggio, però, non ebbe tempo di riportare nulla.
Arrivato a Mogadiscio per seguire il ritiro delle forze dell’ONU dalla capitale, rimane vittima di un agguato poco fuori dall’aeroporto. L’ipotesi tuttora più accreditata è lo scambio di persona in una guerra per il controllo dell’export di banane verso l’Europa: lo stesso giorno era previsto l’arrivo a Mogadiscio di un occidentale coinvolto in una delle due fazioni in lotta. Si, perché a Mogadiscio per le banane si spara, nell’ignoranza del consumatore occidentale.
Spente le momentanee luci mediatiche, la Somalia finisce presto nel dimenticatoio e mio padre ne diventa l’apolide della memoria: pur sopravvivendo il ricordo, muore la “ragione”.
La “ragione”: presupposto irrinunciabile per avere giustizia. La giustizia però, dall’aggettivo latino “iustus”, è pertinenza dell’essere. Essere giusti significa capire il contesto in cui ventidue anni fa Marcello Palmisano ha perso la vita. Significa riflettere sul lato violento, rapace e aggressivo del sistema economico di cui l’umanità si è dotata.
Significa raccontare che dietro un apparentemente innocuo frutto esotico potrebbe esserci la brutale spietatezza di capitale estratto in modo criminale.
Cerchiamo di essere giusti dunque: raccontiamo cosa è successo, affinché nessuno dei nostri cari sia caduto invano e nella speranza che qualche coscienza si risvegli.

Davide Palmisano
figlio di Marcello


Chi era Marcello Palmisano

Marcello Palmisano era un giornalista e cineoperatore nato il 17 gennaio del 1940 a San Michele Salentino un piccolo centro in provincia di Brindisi. Nel 1972 era stato assunto in Rai e l’anno successivo era entrato a far parte della squadra del TG2 come telecineoperatore. Rimase vittima di alcuni banditi somali in un agguato nel quale fu ferita anche la giornalista Carmen Lasorella il 9 febbraio del 1995 a Mogadiscio. Mentre Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi un anno più tardi, erano a Mogadiscio per raccogliere notizie sulla guerra dei rifiuti nucleari, Lasorella e Palmisano erano lì per indagare sulla lotta tra la italo-somala Somal Fruit e l’americana Dole, due multinazionali attive nel commercio delle celebri banane “somalite”. Stando ad alcune dichiarazioni a suo tempo rese da un delegato della Somal Fruit, Marcello Palmisano morì per un fatale scambio di persona, in quanto alcuni miliziani somali, dipendenti della ditta americana, avevano identificato i due giornalisti come collaboratori della loro ditta rivale.