La storia di Lia, una ragazza libera

Quella di Lia è la storia di una ragazza bella, appassionata, libera.

Bella come lo si è quando si ha 20 anni e hai la sensazione che il mondo ti appartenga e il cielo su di te non ha confini. Appassionata. Dell’arte, della bellezza, della giustizia, della poesia.

Come i tanti discorsi e gli innumerevoli progetti che si immaginavano stipati insieme agli altri compagni nelle aule scolastiche; come quegli splendidi versetti di Pablo Neruda, “se muoio sopravvivimi” con cui il figlio Alessio le ha dedicato un libro. Libera. Perché vedi che il mondo intorno a te cambia e si trasforma e tu non vuoi restare dietro e a te piacciono le sfide di una modernità che incombe.

Se però il mondo nel quale vivi è brutto perché sporcato dalle mafie, ha i confini ristretti perché ti costringe a vivere senza ideali e sogni perché le mafie appiattiscono il futuro e mortificano la speranza, e se quello stesso mondo è ostaggio di affari criminali e tu vivi nelle catene e nei condizionamenti che non ti permettono un briciolo di libertà, e se infine sei figlia di mafia allora tutto diventa maledettamente complicato e il tuo stesso grido di libertà sei costretta a soffocarlo in gola.

La storia di Lia è la storia di una ragazza bella, appassionata, libera alla quale il suo stesso sangue non le ha permesso di trasmetterci e di parlarci dei suoi sogni.

Ancora una volta grazie Lia.

Marcello Cozzi


Chi era Lia Pipitone

lia-pipitoneIl 23 settembre 1983 Lia Pipitone, una giovane madre ventiquattrenne, entra in una sanitaria all’Arenella, quartiere popolare di Palermo. Non è un posto qualsiasi, perché il padre di Lia, Antonino, ne è il boss. All’improvviso due uomini nel tentativo di rapinare la cassa le sparano. Muore così Lia, in una mattina di fine estate. Ma non si tratta di una rapina finita male, quegli uomini l’avevano seguita, il loro obiettivo non era la cassa del negozio, ma Lia. Alcuni collaboratori racconteranno che l’ordine di uccidere Lia venne proprio dal padre, alleato di Riina e Provenzano, che non poteva permettere di essere disonorato da una figlia ribelle. Una figlia che aveva deciso di spezzare i suoi legami con la sua famiglia mafiosa, di cui portava il cognome, ma non era una di loro. Uccisa per il suo desiderio di indipendenza e di libertà, uccisa perché libera. Perché aveva deciso di vivere la sua vita e di riempirla d’amore per lei e il figlio. E Cosa Nostra era contraria.

Solo nel 2012, grazie alla determinazione del figlio diventato adulto, che la Procura di Palermo ha riaperto le indagini sul suo omicidio.